“Ogni lingua ha un suo silenzio” (Elias Canetti)
“Il silenzio è il linguaggio di tutte le forti passioni, dell’amore (anche nei momenti dolci), dell’ira, della meraviglia, del timore” (Giacomo Leopardi, Pensieri). Tale considerazione sembra permeare l’intera essenza di Sleep Awake, opera prima e indipendente del cineasta rumeno Andrei Stefanescu.
È un’atmosfera dal forte sapore pinteriano a scandire l’incontro tra i due giovani protagonisti, Irina e Ilie, i quali si scrutano intensamente al parco, intavolano un fugace dialogo e decidono di “consumare” il loro primo ed unico rapporto sessuale fino all’inaspettato epilogo che segnerà la vita di entrambi. Ed è un interminabile silenzio tra un dialogo e l’altro a metaforizzare il turbamento interiore della “coppia per un giorno” e a cadenzare l’espressività e gestualità dei due giovani. Un vero e proprio cinéma du corps, dunque, quello proposto da Stefanescu, concettuale e sensoriale allo stesso tempo. Onirico e viscerale, Sleep Awake si avvale di uno stile strettamente amatoriale (evidente è l’utilizzo della camera a mano per buona parte delle riprese) e documentaristico, con ampio spazio all’improvvisazione recitativa e a brevi ed incisivi monologhi.
Caratteristica dell’opera prima di Stefanescu è, inoltre, una dilatazione e scansione dei tempi narrativi secondo una logica naturale più che filmica. A tal proposito, si pensi alla passeggiata dei due amanti verso casa di lui prima dell’atto sessuale – il tutto cronometrato nei minimi dettagli e con un dosaggio centellinato del montaggio. A fare da sfondo è un utilizzo minimale della colonna sonora, presente in sole due scene chiave del film e intervallata dal suono diegetico di un cellulare che squilla. Attorno al vuoto esistenziale dei due giovani si dipana la desolazione di una Bucarest indifferente e spettrale, quasi ad omaggiare l’immagine straniante della periferia francese ne L’età inquieta del cineasta Bruno Dumont. Ed è proprio la città la terza protagonista della pellicola. Deserta e distaccata, fatta di graffiti e di quartieri notturni dalle mille finestre e dai portoni monocromi in stile anni ‘30, Bucarest sembra scrutare i due protagonisti con la sua enigmatica freddezza, quasi fosse un fantasma omnisciente a vegliare su di loro. La sua unica presenza nella notte si manifesta nella nebbia serale che avvolge i corpi di Irina e Ilie, quasi a separarli anziché unirli, sigillando così l’incolmabile vuoto comunicativo tra di loro.
the review continues here:
http://mediacritica.it/2014/03/05/sleep-awake/
english:
"Every language has its own silence" (Elias Canetti)"Silence is the language of all the strong passions of love (even in the desserts), anger, wonder, fear" (Giacomo Leopardi, Thoughts). This consideration seems to permeate the whole essence of Sleep Awake, the first work of the independent Romanian filmmaker Andrei Stefanescu.
This atmosphere has a strong flavor Pinter to mark the meeting between the two young protagonists, and Irina Ilie, who is peering intently at the park and attempting a fleeting dialogue and decide to "consume" their first and only sexual intercourse until 'unexpected epilogue that will mark both their lives. And it is an unending dialogue between silence and the other to create a metaphor for the inner turmoil of the "couple for a day" and punctuate expression and gestures of the two young men. A real cinéma du corps, therefore, that proposed by Stefanescu, sensory and conceptual at the same time. Dreamlike and visceral, Sleep Awake uses a strictly amateur style (evident is the use of hand-held camera for most of the shoot) and documentary, with ample room for improvisation of acting and short and incisive monologues.
Characteristic of the work before Stefanescu is, also, a dilation and scan times narrative according to a logic that more natural filmic. In this regard, we think of the two lovers to walk towards his house before sexual activity - all timed to the last detail and with a dosage sipped assembly. In the background is a minimal use of the soundtrack, present in only two key scenes in the film and spaced from the diegetic sound of a phone ringing. Around the existential emptiness of the two young unravels the desolation of a spectral Bucharest and indifferent, as if to pay homage to the image of alienating the French suburbs The Age restless filmmaker Bruno Dumont. And it is the city's third star of the film. Deserted, detached, without graffiti and nightclub districts with thousands of windows and doors in monochrome '30s, Bucharest seems to scrutinize the two protagonists with its enigmatic coolness, like a ghost omnisciente to watch over them. Its only presence in the night is manifested in evening mist that envelops the bodies of Irina and Ilie, almost to separate rather than unite them, thus sealing the unbridgeable communication gap between them.
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